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In Italia non esistono accordi prematrimoniali. Che fare con la casa coniugale in caso di separazione o divorzio? Risponde Gianluca Abbate, Consigliere nazionale del Notariato.

Il problema di gestire il patrimonio immobiliare della famiglia in caso di divorzio o separazione della coppia è più comune di quanto si creda. La situazione attuale però vede le coppie – che siano unite in matrimonio, unione civile o semplice convivenza – che, al sopraggiungere della crisi, devono affidarsi al solo buonsenso per trovare un accordo anche sui propri beni, immobiliari e non. Quando però il buonsenso, nel momento della rottura, viene meno, sopraggiunge il ricorso al tribunale. Che viene così gravato di un numero altissimo di cause da dirimere.

Quale la soluzione? Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, potrebbe essere quella di istituire anche in Italia la possibilità di ricorrere agli accordi prematrimoniali. Essi avrebbero il merito di definire, in un momento di calma (e anche di gioia, prima del matrimonio o dell’unione tra due persone) il modo in cui disporre del proprio patrimonio in caso di crisi. Alleggerendo il lavoro dei giudici e anche lo stress della coppia stessa.

Accordi prematrimoniali in italia

Come stanno le cose oggi? “Ad oggi non esiste un impianto normativo che disciplini gli accordi prematrimoniali – risponde Gianluca Abbate, Consigliere Nazionale del Notariato. – Si tratta di un istituto non previsto dal nostro ordinamento. Per tale motivo,  la prima  tavola rotonda del nostro evento “Il Notariato per il sociale – 2 edizione” in programma il  prossimo 15  febbraio è dedicata agli “Accordi prematrimoniali, una riforma necessaria”.  Oggi, infatti, appare auspicabile una riforma in questo senso, visto anche l’interesse tangibile e trasversale del mondo politico e la particolare attenzione sui temi della “famiglia” da parte del Ministro Fontana”. 

Quale può essere il ruolo dei notai nell’istituto degli accordi prematrimoniali? “Il Notariato è pronto a dare il proprio contributo – afferma Abbate, – con riferimento a un iter normativo che possa riconoscere  ai coniugi e agli uniti civilmente il diritto di definire in anticipo i propri rapporti patrimoniali in caso di sopravvenuta crisi familiare. Non va dimenticato, infatti,  che gli accordi prematrimoniali, stipulati per atto pubblico, potrebbero  avere ruolo determinante nel “deflazionare” il contenzioso giudiziario,  proprio perché le conseguenze patrimoniali di una eventuale crisi familiare verrebbero regolate in una  fase anteriore al sorgere della crisi stessa, attraverso un atto programmatico. Su questo chiediamo l’attenzione del legislatore”.

Regime comunione o separazione dei beni?

Al momento, in assenza di accordi prematrimoniali, c’è però la possibilità di scegliere il regime della comunione o della separazione dei beni. Cosa succede in questi casi al patrimonio immobiliare? “Il Codice Civile, – risponde Abbate, – si limita a disciplinare i regimi patrimoniali della famiglia: a partire dal regime della comunione legale dei beni, che si instaura in automatico in mancanza di un’opzione in favore della separazione dei beni, o della comunione convenzionale.

Quando ci si separa, pertanto, la definizione degli aspetti patrimoniali viene rimessa  agli accordi delle parti, in caso di separazione consensuale, diversamente da quanto accade in caso di separazione giudiziale, che presuppone, a monte,  una conflittualità non risolvibile in maniera bonaria.  La possibilità di stipulare un accordo prematrimoniale darebbe, invece, la possibilità di “mitigare” le conseguenze di una separazione dolorosa, stabilendo in anticipo determinati aspetti patrimoniali”.

In altre parole, al momento manca una tutela vera e propria pur nei regimi patrimoniali di comunione e separazione dei beni previsti dal codice civile. Questa disciplina non prevede nello specifico come trattare i beni dopo l’insorgere della crisi di coppia, ma semplicemente definisce il fatto che l’acquisto di beni (a titolo oneroso, non tramite eredità o donazione) dopo il matrimonio diventi o meno proprietà indivisa della coppia o meno. Quindi ciò che avviene dopo l’eventuale crisi dipende molto dal regime patrimoniale scelto in precedenza.

Comunione dei beni immobili

 In caso, ad esempio, di comunione dei beni nella quale rientrino anche immobili,questi risulteranno intestati ai coniugi in quote indivise. Dopo la separazione, i beni risulteranno ancora cointestati,  ma in quote del 50% ciascuno. Sparita la comunione, dunque, resta la comproprietà. A questo punto saranno gli accordi personali, o le sentenze giudiziarie, a stabilire cosa debba avvenire del patrimonio immobiliare. Con il rischio che nel patrimonio della coppia non ci siano beni sufficienti da soddisfare entrambe le parti, e sia quindi necessario l’intervento di un giudice.

Unione civile e comunione dei beni

Cosa avviene, invece, in caso di unione civile? “Nell’ambito delle unioni civili come introdotte dalla Legge 76/2016 – risponde il notaio Gianluca Abbate, – in ambito patrimoniale si opera un sostanziale rinvio alle norme in materia di matrimonio. Peculiare è, poi, il caso dei contratti di convivenza, ugualmente disciplinati dalla legge Cirinnà. In tale fattispecie, nel momento in cui subentra la crisi familiare,  è possibile stipulare un contratto di mutuo dissenso con cui le parti contraenti convengono di ripristinare lo status quo precedente alla convivenza”. Anche in caso di scioglimento della convivenza, quindi, ci si rimette ad accordi privati. La necessità di un istituto quale quello degli accordi prematrimoniali diventa quindi di centrale importanza.

Quanto all’eventuale presenza di figli, “il nostro parere – afferma il Consigliere nazionale del Notariato, –  è che una eventuale disciplina della materia debba attenere esclusivamente alle questioni economiche senza coinvolgere l’interesse di eventuali figli minori o economicamente non autosufficienti,  proprio perché le questioni legate ai figli meritano un’attenzione particolare che va prestata al momento stesso in cui subentra la crisi del nucleo familiare e che non può essere anticipata a un momento in cui non sussistono profili di conflittualità”.

FONTE: idealista/news

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